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ILLECITI PROFESSIONALI ED IL PROCEDIMENTO PENALE IN CORSO

di Lucia Lamonica

Qualora l’operatore economico, nel partecipare ad una procedura pubblica di gara d’appalto, non dichiari i procedimenti penali in corso, non è passibile di un’ipotesi di illecito professionale. È quanto stabilito nella sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III, del 8 agosto 2022, n.6997.

La sentenza affronta la questione dei “motivi di esclusione” degli operatori economici partecipanti ad una procedura di gara d’appalto pubblica, in particolare nel caso di mancata dichiarazione di procedure penali in corso.

L’art.80 del D. Lgs. 18 aprile 2016, n.50, stabilisce che “Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, qualora: …Omissis… la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità” ed ancora “l’operatore economico abbia … omissis…, ovvero abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”.

Tale previsione normativa ed una rimarcata giurisprudenza sviluppatasi nel corso degli ultimi anni, hanno dettato la linea con la quale le stazioni appaltanti sono tenute a svolgere la valutazione di integrità e affidabilità del concorrente, ai sensi della medesima disposizione, senza alcun automatismo espulsivo. Inoltre, così come stabilito dalla sentenza della medesima Sezione del Consiglio di Stato, n.2245 del 2020, non è concretizzabile l’ipotesi di mendacio, da parte di un operatore economico, in caso di mancata comunicazione alla stazione appaltante della pendenza di una indagine penale in corso. L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, tra l’altro, ha specificato che l’eventuale omissione documentale debba essere valutata dalla stazione appaltante ai fini della valutazione di integrità morale ed affidabilità professionale, senza alcun automatismo espulsivo, salvo nel caso in cui vi sia una condanna di primo grado.

Veniamo al caso che ha dato origine al pronunciamento del Consiglio di Stato.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Quinta) non riconosceva l’annullamento degli atti di gara, richiesto dalla seconda classificata della procedura di gara bandita dall’A.S.L. Napoli 1 e riguardante il servizio di trasporto primario infermi e del servizio di trasporto secondario dializzati, motivato, a dire della ricorrente, della mancanza dei prescritti requisiti di affidabilità professionale del concorrente aggiudicatario. In particolare, la seconda classificata asseriva che “la compagine gestoria e societaria dell’operatore economico aggiudicatario sarebbe stata coinvolta in un grave procedimento penale per corruzione aggravata dal metodo mafioso con emissione di misure cautelari personale”, il predetto Tribunale dichiarava improcedibile sia il ricorso principale che il ricorso incidentale. La ricorrente, pertanto, impugnava tale sentenza del T.A.R. Campania.

Il  Consiglio di Stato in sede giurisdizionale si pronunciava respingendo l’appello, statuendo, tra le altre cose, che  “È in proposito stato altresì chiarito che la pendenza di un procedimento penale, ai sensi delle linee guida citate e della giurisprudenza amministrativa recente, non integra un’ipotesi di illecito professionale ai sensi dell’art. 80 comma 5, lett. c) e e-bis del Codice, né v’è un obbligo normativo di dichiarare la sussistenza di c.d. ‘carichi pendenti’ salvo il caso che già non vi sia una condanna di primo grado, ancorché non passata in giudicato”.

Per il Consiglio di Stato, dunque, non ricorre l’ipotesi di violazione dell’art.80 del Codice, in caso di un procedimento penale in corso da parte di un operatore economico partecipante ad una gara d’appalto pubblica, né, tantomeno, quest’ultimo è obbligato a dichiarare la sussistenza di carichi pendenti, eccetto per condanne di primo grado.